Il cambiamento climatico consente già di produrre due vendemmie all’anno

Uve di Aglianico Vendemmia


Cambiamenti climatici

Negli ultimi decenni in gran parte delle zone viticole mondiali, l’uva da vino ha accelerato il suo avanzamento delle fasi fenologiche e questo a causa del cambiamento climatico e del conseguente innalzamento delle temperature. Capire in modo chiaro come i cambiamenti climatici influiscano sui tempi di raccolta, tuttavia, ha necessitato un esame approfondito del rapporto tra l’analisi fenologica delle uve da vino e il clima, inclusi i dati precedenti alle attività umane che hanno interferito nel sistema climatico, questo per avere anche una prospettiva a lungo termine.


Temperature e siccità


Lo studio, riportato il 21 marzo nella rivista Nature Climate Change, ha rilevato che le temperature più calde degli ultimi anni hanno interrotto un collegamento di quattro secoli tra vendemmie eccezionali e siccità di fine stagione. Negli ultimi decenni, infatti (1981-2007), l’innalzamento delle temperature ha provocato un anticipo della vendemmia di circa 2 settimane, con una drastica trasformazione del rapporto tra i tempi di raccolta e vendemmie eccezionali. Storicamente, infatti, le temperature estive elevate in Europa occidentale – che acceleravano la maturazione della frutta – si sono sempre verificate in relazione a temperature estreme e a condizioni di siccità: tale rapporto, siccità/temperatura, è oggi compromesso: il riscaldamento è sempre più legato ai gas serra (conseguenza dell’intervento dell’uomo) che anche in assenza di siccità ha favorito l’innalzarsi delle temperature.


I tempi di maturazione dell’uva

Il cambiamento climatico ha fondamentalmente alterato il processo di maturazione dell’uva, questo comporta vendemmie anticipate in gran parte dei Paesi europei con importanti implicazioni nella gestione della viticoltura e qualità del vino. La ricerca, condotta dallo scienziato del clima Benjamin I. Cook (NASA Goddard Institute for Space Studies e Lamont-Doherty Earth Observatory – Division of Ocean and Climate Physics – New York) e da Elizabeth M. Wolkovich (Arnold Arboretum, Boston e Organismic and Evolutionary Biology -Harvard University, Cambridge),ha rilevato che una volta le vendemmie anticipate erano associate con vini di alta qualità; in gran parte della Francia e della Svizzera, i migliori anni erano quelli con piogge primaverili abbondanti seguiti da estati calde e siccità di fine stagione, il che favoriva vendemmie circa una settimana prima del solito. Ma ,con le mutazioni climatiche degli ultimi 35 anni si è avuto un cambiamento drammatico, con periodi di siccità non più favorevolmente correlati per una vendemmia anticipata. “Dopo il 1980, i segnali di siccità favorevoli scompaiono” spiega il dottor Cook “c’è stato un cambiamento fondamentale nel clima su larga scala e nel quale le attività umane hanno giocato un ruolo importante”. I ricercatori hanno analizzato 400 anni di dati relativi al vino provenienti dall’Europa occidentale. L’anno di vendemmia è stato associato alle tendenze del clima, avvalendosi anche delle informazioni sui cambiamenti di qualità sulla base dei rating a lungo termine delle annate di Bordeaux e Borgogna. Lo studio ha fatto emergere anche previsioni per la Cina, la Tasmania e il Canada e la Malesia che potrebbero essere in futuro i nuovi territori dove coltivare uve pinot nero visto che in Borgogna non sarà più possibile. Il Bordeaux perderà il cabernet sauvignon e il merlot e lo Champagne cederà la sue note frizzanti al sud dell’Inghilterra.

E in Italia? Anche il nostro Paese non verrà risparmiato dal cambiamento climatico, i cui effetti sono già databili al 1998, con un anticipo medio della fioritura di otto-dieci giorni; un periodo di fioritura abbreviato e quindi di un anticipo dell’invaiatura. La conseguenza inoltre è anche la produzione di vini mediamente più alcolici che tra l’altro non rispondono a quel che oggi chiede il mercato. In Trentino, nella Val di Cembra, intanto, per mantenere freschezza e acidità ai vini base spumante, le uve chardonnay e pinot nero vengono spostate fino a quota 600 metri.


Come ricavarne un vantaggio

Gli effetti del cambiamento climatico preoccupano sia i viticoltori che i ricercatori. Secondo un rapporto svolto da Martínez de Toda pubblicato due anni fa, le attuali tecniche di gestione della vegetazione del vigneto sono “insufficienti” per ritardare la maturazione delle uve e con essa la vendemmia di almeno due o tre mesi in zone vitivinicolo con temperature estremamente calde. E’ necessaria una forzatura di un nuovo sviluppo della vite, che è stata proposta anche come una scoperta interessante nella lotta contro il riscaldamento globale. È quello che Martínez de Toda ha ora sviluppato.
“…….Il cambiamento climatico consente di produrre due vendemmie all’anno“: è la sorprendente conclusione di una ricerca condotta in Spagna e pubblicata su “Vitis Journal of Grapevine Research”. La ricerca è stata condotta dal viticoltore, agronomo, professore di viticoltura presso l’Università di La Rioja e ricercatore presso l’Istituto di scienze della vite e del vino (ICVV)Fernando Martínez de Toda, che spiega che ci sarebbero tra 35 e 37 giorni di differenza nelle date di maturazione e vendemmia. Il metodo proposto da Martínez de Toda, consiste nell’accorciare i tralci in crescita a diversi nodi per forzare la ricrescita della vite. Per forzare il germogliamento, la ricrescita dei germogli e la raccolta, è necessario eliminare la fonte di inibizione e per questo vengono eliminati i germogli laterali, le foglie e i grappoli primari, se esistono. Per mezzo di un’adeguata esecuzione della tecnica di forzatura è possibile ottenere un secondo raccolto dei germogli forzati, che viene aggiunto al primo raccolto dei rami principali, secondo il ricercatore. Il secondo raccolto rappresenta circa il 30% del raccolto primario, che è di circa 1,2 chilogrammi per ceppo. In relazione al controllo non forzato, il raccolto primario matura circa 13 o 15 giorni dopo e il raccolto secondario tra 35 e 37 giorni dopo. Secondo i risultati della ricerca, la seconda raccolta produce grappoli e bacche più piccoli, con pH più basso, maggiore acidità, più alti acidi malico e tartarico e antociani molto più alti rispetto al primario. Inoltre, consente alle uve forzate di maturare molto in condizioni termiche più basse, il che è considerato interessante nelle regioni calde e con l’attuale situazione di riscaldamento globale. Lo svantaggio principale della tecnica di forzare la ricrescita della vite è la perdita di prestazioni. Per evitarlo e non eliminare i grappoli primari già formati nei germogli principali, Martínez de Toda consiglia di forzare lo sviluppo delle gemme del quinto e sesto nodo, ma mantenendo i grappoli dei germogli principali. In questo modo, le prestazioni delle gemme forzate verrebbero aggiunte alla prestazione normale o primaria dei germogli. Propone pertanto tecniche di gestione della vegetazione del vigneto per mitigare gli effetti delle alte temperature e del riscaldamento globale. Il suo studio inoltre si concentra sulle tecniche di gestione della vegetazione,considerandole più interessanti perché possono essere applicate su vigneti esistenti, senza la necessità di ricorrere a nuovi: in pratica consiste nel ritardardare la maturazione dell’uva,poiché l’effetto negativo fondamentale e più chiaro delle alte temperature è quello di causare un avanzamento nella sua maturazione. Tale tecnica ha lo scopo di ritardare la data della vendemmia in modo da combinarla con condizioni ambientali più fresche.

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